HR e Big Data: il caso del collega asiatico

HR e Big Data: il caso del collega asiatico

Le risorse umane (abbreviato in HR, dall’inglese Office of Human Resources) non sono esenti dalla profonda innovazione portata negli anni dai Big Data. La capacità di analizzare centinaia di curriculum al secondo, in modo anonimo e limitando i bias del singolo selezionatore ha creato sistemi sempre più intelligenti per ordinare, selezionare e, ahimè, scartare i profili dei candidati.

Sistemi ATS in HR
Gli Applicant Tracking System fanno largo uso dei Big Data

Applicant Tracking System

Questi sistemi, chiamati ATS (Applicant Tracking System), sono stati potenziati per trovare correlazioni con dati interni ed esterni. I più evoluti sono in grado di cercare sulla rete le corrispondenze descritte nei curriculum, di inviare email per verificare le mansioni e le esperienze ai precedenti responsabili, chiedere informazioni via Direct Message, la traduzione dei CV in lingue diverse da quella originale e altro ancora.

Le evoluzioni degli ATS fanno largo uso dei dati per analizzare e comparare i curriculum delle persone che hanno lavorato e che lavorano all’interno dell’azienda con i CV dei candidati. Il risultato è un punteggio di compatibilità e una serie di note scritte in linguaggio naturale. Le note sono divise in PRO e CONTRO. Un esempio classico è: questa figura è ottima per lavorare nel reparto X in quanto simile al profilo Y; oppure, questa figura potrebbe lasciarci per un’offerta migliore in quanto il lavoro potrebbe risultare poco stimolante come accaduto con Y del reparto X nel Z.

All’aumentare della complessità degli algoritmi, aumenta la fame di Big Data necessari per prendere decisioni sempre migliori. Uno degli scopi dell’Intelligenza Artificiale (AI) è quello di rendere un processo complesso automatizzato, e senza necessità del supporto umano. In quest’ottica, un passo facile è prendere le parti noiose e ripetitive.

Una delle attività base è contattare i nostri stessi dipendenti per chiedere se si conosco uno dei candidati che si stanno valutando. Un modo veloce per avere dei feedback diretti da persone che conosciamo e con cui possiamo scambiare rapidamente delle informazioni. Per le multinazionali, era prassi chiedere a chiunque nel mondo questo tipo di info.

HR tra GDPR e Cambridge Analytica

Prima dell’ingresso in vigore della GDPR e prima che lo scandalo di Cambridge Analytica facesse arrivare al grande pubblico la pericolosità di condividere ogni informazione sui social network, la raccolta di ogni tipo di informazione era, a torto, considerata lecita. Ancora oggi nei paesi del sud-est asiatico, vi sono aziende specializzate in tecniche illegali di data scraping. Questi dati vengono conservati per sempre in paesi dove non c’è una chiara legge sul diritto d’autore, nessuna legge sulla privacy, e non sono chiare le regole per le estradizioni.

Per aggirare le regole, questi paesi hanno iniziato a vendere servizi di arricchimento di dati per ATS, nei casi complessi, o di semplice consulenza, per chi non vuole correre rischi.

Etica e HR

Funziona così:
1. Il servizio HR inserisce nel sistema degli ordini il servizio pirata come azienda di consulenza generica.
2. HR chiede feedback sui candidati selezionati a tutti i dipendenti fidati, tra cui figura il servizio pirata.
3. Il servizio pirata risponde con una email semplice nel caso non vi siano problemi, altrimenti genera una risposta negativa con i dati pubblici a disposizione.

Un uomo che fa segno di stop con la mano
Qual è il limite etico dell’uso dei Big Data nei processi di HR?

Possiamo essere scartati da una selezione per un messaggio sui social scritto, e poi cancellato, 10 anni fa in gruppo privato e non saperlo mai. Il più delle volte, anche il nostro selezionatore non saprà cosa accade dietro le quinte: la ragione ufficiale sarà che “il nostro collega asiatico ha espresso un parere negativo perché” con tutti gli X, Y e Z al posto giusto.

Se la cosa vi sembra assurda, sappiate che sono nati servizi paralleli offerti da dipendenti infedeli che cancellano, modificano e creano informazioni ad-hoc per farci risultare i migliori agli occhi del nostro collega asiatico.

La domanda finale è: scartare un candidato con informazioni reali ma ottenute in modo fraudolento è etico?

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