Tecnologicamente disinformati

Tecnologicamente (dis)informati

Da quasi quarant’anni anni sono innamorato della tecnologia in tutte le sue forme ma mentirei se dicessi che è un amore idilliaco: come tutti i rapporti, anche quelli migliori, ci sono delle piccole sbavature che rendono questo amore ancora più intenso. Una delle cose che mi ha sempre affascinato della tecnologia è l’introduzione della democratizzazione della condivisione di informazioni che ha portato con sé un effetto collaterale così rilevante per la società odierna da rappresentare un vero e proprio problema: la disinformazione.

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.

Umberto Eco

La posizione di Umberto Eco, saggista ed intellettuale di fama mondiale, seppur molto diretta e forte, esprime un disagio condiviso da chi ogni giorno si sforza di analizzare con spirito critico le informazioni da cui siamo bombardati sui vari canali: social network, posta elettronica, televisione, siti web, radio, etc.

La vecchia scuola. I giornalisti

In passato le informazioni venivano diffuse su pochi canali ben distinti fra loro: stampa, radio e televisione. Non tutti erano titolati nel poter diffondere informazioni ma solamente delle figure professionali chiamate giornalisti regolarmente iscritti ad un albo professionale. Questa iscrizione in Italia dipende da due condizioni:

  • Scuola di giornalismo o praticantato. Nello specifico bisogna svolgere 18 mesi di praticantato e frequentare uno dei corsi di preparazione teorica anche “a distanza” della durata minima di 45 ore, promossi dal Consiglio Nazionale o dai Consigli Regionali dell’Ordine. In alternativa, aver frequentato per un biennio una delle scuole di giornalismo riconosciute dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (www.odg.it/scuole-di-giornalismo);
  • Superamento dell’esame di idoneità professionale.

In linea generale un approccio così strutturato e professionale porta con sé dei vantaggi non indifferenti: il primo è sicuramente una elevata affidabilità del contenuto delle informazioni diffuse e condivise. Seguono la qualità ed una forte responsabilità da parte di chi se ne fa portavoce. Però oggi non è più proprio così poiché con una enorme diffusione dei canali digitali in svariate forme l’informazione è stata democratizzata…

La nuova scuola. I social media

Poco prima degli anni 2000 si assiste alla nascita dei social network detti anche social media: questi non sono altro che dei servizi online che permettono di creare delle connessioni fra persone anche fisicamente distanti consentendo loro di comunicare tramite testo e media. Nella prima accezione dei social media l’idea di base era quella di creare rapporti uno a uno e nel tempo a questo primo paradigma di comunicazione si è naturalmente affiancato un modello uno a molti: basti pensare alla nascita di micro blog, blog testuali e video e così via. In altre parole, l’evoluzione della tecnologia e la sua democratizzazione ha messo nelle mani degli utenti uno strumento di comunicazione potentissimo che permette a chiunque di poter raggiungere un numero di persone paragonabile se non superiore ai tradizionali canali di comunicazione. Questo scenario di convivenza forzata fra canali di comunicazione tradizionali (stampa, radio e televisione) e nuovi canali digitali ha avuto diverse conseguenze:

  • L’adozione della tecnologia ha reso le informazioni più accessibili e la diffusione delle news così veloce da avvenire spesso in tempo reale;
  • La facilità dell’utilizzo dei nuovi strumenti e il loro costo esiguo ha fatto sì che chiunque potesse esprimere e condividere le proprie idee. Seppur corretto da un punto di vista morale questo ha favorito il diffondersi di fake news e ideologie/teorie spesso immorali ed infondate che hanno avuto e tuttora hanno conseguenze serie sulla società;
  • Aziende come, ad esempio le testate giornalistiche hanno dovuto affiancare alla carta i canali digitali oggi presenti sul mercato. Hanno quindi creato una versione digitale del proprio giornale, sono fortemente presenti sui social media ed investono in digital marketing;
  • Grazie ai costi contenuti del digital marketing start-up e PMI hanno la possibilità di poter penetrare il mercato con i propri prodotti e servizi più facilmente rispetto al passato.

Come distinguere una notizia autentica da una artefatta?

Per distinguere una notizia autentica da una artefatta non esiste una ricetta magica ma solamente un mix di buon senso, spirito critico e cultura personale che possono portare alla distinzione fra un’informazione autentica ed una “artefatta”. Nello specifico si potrebbe fare leva su poche ma efficaci azioni:

  • Leggere sempre tutto con spirito critico sforzandosi di cambiare punto di osservazione al fine di seguire più percorsi di ragionamento;
  • Verificare l’autorevolezza ed affidabilità di chi condivide l’informazione;
  • Verificare sempre le fonti con gli stessi criteri del punto precedente;
  • Verificare se l’informazione in oggetto è stata già contrassegnata in passato come bufala.

In alcuni casi il processo di verifica può essere semplice ed immediato mentre in altri più laborioso.

Conclusioni

La tecnologia è uno strumento potentissimo che in questo momento può essere utilizzato da chiunque in maniera arbitraria a piacere. Nello specifico oggi il livello di condivisione delle informazioni ha un valore inestimabile ma con un effetto collaterale non trascurabile causato da un suo utilizzo non corretto: in alcuni casi strumentale e spesso per interessi economici mentre in altri casi dovuto a poco senso critico o scarsa cultura personale. Fortunatamente però il bilancio continua ad essere nettamente positivo e c’è sempre una più forte consapevolezza nel combattere i fenomeni delle fake news e tutto ciò che viene costruito attorno ad esse!

Riferimenti

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