L’arte di prendere appunti in maniera efficace

L'arte di prendere appunti in maniera efficace

Prendere appunti non è solo un’attività necessaria per uno studente anche nel mondo del lavoro o nella vita privata, farlo in maniera efficace è essenziale. In questo articolo, vedremo alcune tecniche e strumenti che possono aiutarci a costruire un ottimo workflow per ottenere ottimi risultati ed essere maggiormente produttivi.

Conoscevo un ragazzo che all’università prendeva appunti incredibili “in presa diretta”, quasi da sembrare il prodotto di un qualche software di DTP. Non solo erano belli a vedersi ma erano anche tremendamente efficaci. Non per niente questa sua abilità gli era valsa il soprannome di Gutenberg.

Io non ero minimamente capace di prendere appunti ordinati e completi così velocemente anzi i miei erano molto spesso degli elenchi puntati, scarabocchi, parole o frasi brevi spesso collegate tra loro tramite frecce a cui univo la classica evidenziazione sui libri.

Non c’era un canone estetico, solo collegamenti tra argomenti e parole chiave. Avevo bisogno di ricorrere a delle analogie e collegare gli argomenti al luogo e possibilmente al contesto sensoriale in cui mi trovavo al momento dell’apprendimento.

Il problema però veniva dopo, in quanto trascrivere, mettere ordine, espandere e catalogare gli appunti mi costava particolare fatica e spesso mi fermavo ai primi due passi. Mancava la vera essenza del prendere appunti, ovvero la creazione di una rete ordinata di concetti che consentisse al cervello di recuperare l’informazione corretta nel minor tempo possibile.

Uno degli aspetti più sottovalutati del prendere appunti è che ci si ritrova troppo spesso a trascrivere concetti invece che rielaborarli. Se da un lato può portare un vantaggio in termini di tempo, dall’altro lato la mera trascrizione rappresenta una attività sterile che non aggiunge valore al processo di apprendimento e di attivazione della memoria a lungo termine.

Ricordate? Ne abbiamo parlato nella prima parte dell’articolo sul Bullet Journaling.

La scatola misteriosa

Di recente ho scoperto un approccio molto interessante, descritto nel libro How to Take Smart Notes di Sönke Ahrens. In quest’opera vengono descritti il metodo e il workflow noti come Zettelkasten, un sistema adottato e perfezionato in particolare dal sociologo e filosofo tedesco Niklas Luhmann.

Luhmann nasce a Lüneburg nel 1927, partecipa alla seconda guerra mondiale e si laurea infine in legge all’università di Freiburg. La sua carriera inizia come dipendente della pubblica amministrazione, coltivando tuttavia un interesse per la sociologia e la cosiddetta teoria dei sistemi portandolo a investire la quasi totalità del proprio tempo nello studio di questi argomenti.

Luhmann non era un accademico né tantomeno aveva esperienze o competenze specifiche in questo campo infatti, come detto, era laureato in legge e dipendente della pubblica amministrazione. Tuttavia i suoi studi lo portarono a creare un corpus di appunti e documenti estremamente completi ed interessanti, tanto da convincerlo a intreprendere la carriera accademica divenendo negli anni uno dei più importanti e autorevoli studiosi di sociologia con oltre 70 libri pubblicati nell’arco di 30 anni. Il successo e la produttività di Luhmann erano a suo dire merito della zettelkasten, la sua scatola degli appunti. Sebbene il suo contributo agli studi sociologici fu acclamato e riconosciuto a livello mondiale, non si può altrettanto dire del suo zettelkasten. Il suo metodo salì alla ribalta nel 2004 quando Ahrens pubblicò How to Take Smart Notes.

Una ragnatela di nozioni

Il metodo di Luhmann si basa sul concetto in base al quale gli appunti rappresentano gli elementi di una rete di informazioni a vario titolo collegati. Ogni appunto rappresenta un’idea o un concetto ed è l’elemento sui cui si basa il suo personale sistema di gestione delle informazioni. Il termine zettelkasten dovrebbe tradursi più o meno come scatola degli appunti ma in realtà Luhmann ne usava due: una con riferimenti bibliografici (literature notes) e note tratte dai testi che man mano leggeva, l’altra conteneva invece gli appunti definitivi (permanent notes).

Prima di giungere alla versione definitiva degli appunti, Luhmann utilizzava delle note rapide (fleeting notes), facili da prendere in qualsiasi momento senza particolare attenzione all’aspetto “redazionale” o grafico e che venivano successivamente rielaborate.

L’elemento più importante del metodo di Luhmann era la rielaborazione del tutto personale degli appunti, soprattutti di quelli legati ai riferimenti bibliografici.

Copiare e incollare ciecamente i passaggi di un libro, un articolo o di altro tipo di documento non fa di noi magicamente esperti di quell’argomento. La rielaborazione del tutto personale dei concetti apre la strada alla capacità di “connettere i puntini” tra di loro e di creare una rete di informazioni accessibili in qualunque momento. Già, ma come collegare tra di loro le informazioni?

Un ipertesto ante litteram

A ogni nota creata, Luhmann associava un numero univoco. A parte manteneva un indice con i numeri delle note concettualmente collegate tra di loro e anziché archiviarle per categoria o argomento, le associava a un “contesto” che in quel momento aveva un valore immediato o che poteva averne in futuro. Le note erano fortemente connesse tra di loro ed era possibile “navigare” tra le note attraverso i collegamenti presenti nell’indice o nelle note stesse.

Suona familiare? È un concetto simile, ma non del tutto identico, a quello dell’ipertesto che è alla base del World Wide Web.

La differenza risiede proprio nella classificazione per “contesto” e non per argomento (nel caso del web sarebbe per risorsa, URL o server).

Un concetto simile possiamo ritrovarlo nel metodo Bullet Journal, in cui nell’ambito delle collection è possibile usare il threading. Ogni pagina o spread del BuJo è identificata dal proprio numero e a questo si può affiancare il numero di una pagina collegata precedente o successiva (o entrambe). In questo modo è possibile individuare sempre la sezione sia precedente sia successiva e “navigare” all’interno della collection come fosse una sequenza unica, contigua di pagine. Unitamente all’indice, il threading è il modo per gestire il flusso di informazioni all’interno del bullet journal.

Uno sguardo al digitale

Il metodo dello zettelkasten ha origine con la carta ma può essere digitalizzato efficamente anzi è forse quasi naturale trasporre in digitale la propria scatola degli appunti. Specialmente se questa comincia a crescere di dimensioni, diventa difficile archiviare tutti gli appunti.

Fonte: kunsthalle-bielefeld.de

Esistono diversi strumenti nati proprio per implementare lo zettelkasten, altri invece sono strumenti di annotazione generici che possono essere adattati per il metodo. Di seguito proverò a elencare alcuni strumenti che potrebbero essere utilizzati per implementare uno zettelkasten, nel paragrafo successivo illustrerò brevemente il mio personale workflow e la app che sto usando in questo momento (sì perché non è detto che domani non trovi qualcosa di meglio o di più comodo da usare).

Strumenti dedicati

Strumenti generici e adattabili

Apple Notes

Un discorso a parte merita Apple Notes che per me è attualmente il miglior sistema per gestire le note e gli appunti nonostante abbia una serie di lacune importanti. Ci sono diversi motivi per cui lo preferisco ad altri non ultima la possibilità di creare le note rapide (le fleeting notes à la Luhmann), l’uso della Apple Pencil, la sincronizzazione tramite iCloud su tutti i dispositivi e non ultimo il fatto che sia “già lì”. Non devi scaricarlo, non devi registrarti, niente login. Semplicemente è lì e funziona molto bene.

Notes supporta i tag che rappresentano il “contesto” secondo lo zettelkasten e tramite le ricerche smart è possibile contestualizzare e richiamare velocemente gli appunti.

Grande assente è però la capacità di creare collegamenti tra le note in maniera semplice in quanto, attualmente, Apple Notes offre un approccio limitato e farraginoso al problema.

Esistono tre metodi per ovviare al problema tra cui, quello di gran lunga più semplice, è condividere la nota con se stessi, come spiegato in questo articolo.

Gli altri due metodi sono estremente più complessi e richiedono l’uso di automazioni realizzate tramite Applescript, Automator e Shortcuts (ovvero Comandi Rapidi, in italiano). In particolare, usando Shortcuts ho realizzato un’automazione abbastanza articolata che potrebbe essere oggetto di un articolo dedicato in futuro.

I riferimenti bibliografici e le annotazioni sui documenti

Una categoria molto interessante da tenere d’occhio per il proprio zettelkasten, è quella delle applicazioni che consentono di annotare i PDF tramite Apple Pencil o similari. Tra queste citiamo LiquidText, Margin Note e Flexcil.

Meritano una menzione specifica anche i sistemi di gestione delle citazioni e dei riferimenti bibliografici che, per Luhmann, rappresentavano un elemento imprescindibile del proprio workflow.

I più noti sono:

Il mio workflow

Come promesso, vorrei chiudere l’articolo descrivendo brevemente il mio personale workflow che, debita premessa, si basa interamente sull’ecosistema Apple. Le applicazioni citate sono nate esplicitamente per MacOS o iOS e, salvo ove esplictiamente specificato, non esistono per altri sistemi quali Windows, Linux, Haiku o Android.

Fleeting notes

Per le note rapide, Apple Notes è imbattibile. Sia su Mac sia su iPad con Apple Pencil (e ad onor del vero anche su iPhone).

Note bibliografiche

Zotero qui la fa da padrone per due motivi, è gratis (e open source) e mette a disposizione una completa API che consente l’integrazione con altre applicazioni. Esiste per Mac, Windows e Linux ed uno standard nell’ambito delle citazioni bibliografiche nonché molto apprezzato in ambito sia professionale sia accademico.

Ho scelto Zotero in quanto si integra con relativamente poco sforzo con LiquidText.

Annotazioni di PDF

Personalmente uso LiquidText, non proprio economicissimo specie se lo si affianca alle altre applicazioni ma è un ottimo software. È multipiattaforma ed esiste una versione per MacOS/iPadOS, Windows e Android… in ogni caso siete coperti!

Una menzione d’onore a Margin Note 3 che sto provando in questi giorni e che ha dalla sua degli strumenti interessanti quali la creazione di mappe mentali e di flashcards. Da tenere d’occhio.

Note permanenti

Qui la scelta è dura, personalmente uso molto Apple Notes collegando le note con il “trucco” della condivisione con me stesso per la generazione del link alla nota. Tuttavia vorrei citare RemNote che sto provando e che potenzialmente potrebbe rimpiazzare in parte non solo Apple Notes ma anche strumenti di annotazione PDF più versatili come LiquidText.

C’è un intruso da non sottovalutare

C’è un software che ho da poco conosciuto e imparato ad apprezzare e si chiama Keep It. Un software specifico per MacOS e iOS che consente di archiviare, catalogare e raggruppare la maggior parte se non la totalità delle risorse che giornalmente uso sul Mac:

  • File (principalmente PDF);
  • Siti web;
  • Note;
  • E-mail;
  • Fogli elettronici e presentazioni.

Keep It in maniera semplice ma elegante consente di aggregare tutti questi file o risorse tramite tre modalità:

  • Sotto un albero gerarchico, come se fossimo nel Finder (cartelle e sotto cartelle, per intenderci);
  • Tramite tag;
  • In collezioni denominate bundle.

Un file può far parte di più bundle diversi e può avere più di un tag ma non può essere presente contemporanemante in due o più cartelle. Un po’ come un file sul file system, a meno di non usare un alias.

Oltre ai file è possibile creare o importare delle note in formato puro testo, RTF e Markdown e agganciarle ad un bundle (che potete vedere come il “contesto” dello zettelkasten).

Altra caratteristica imbattibile è la capacità di creare un link alla singola risorsa che potete riutilizzare ovunque, persino su un altro dispoitivo!

Conclusioni

Chiudo riassumendo in poche parole il mio processo.

In Apple Notes prendo appunti rapidi, principalemte tramite Apple Pencil su iPad. Con Zotero + LiquidText annoto i PDF e tengo traccia dei riferimenti bibliografici. Colleziono e archivio file, email e altri elementi in Keep It e mantengo ordinato l’archivio di fonti e file.

Infine tramite Apple Notes creo le note permanenti che aggiungo al bundle di keep It per tenere tutto in ordine.

Il connubio tra un metodo così analogico come lo zettelkasten e gli strumenti digitali può solo creare infinite possibilità, l’importante è creare una routine, un proprio workflow e usare gli strumenti per noi più congeniali. Fateci sapere le vostre esperienze contattandoci tramite i seguenti canali: