L’intelligenza artificiale, nota anche come AI, è presente nella nostra vita di tutti i giorni sia in maniera implicita (ad esempio riconoscimento e categorizzazione delle immagini) che esplicita (ad esempio guida assistita o autonoma). Se ne parla sempre più spesso e per farlo si utilizzano termini tecnici non proprio noti a tutti. Iniziamo a chiarire la gerarchia tecnologica che sta dietro di essa.
L’unità minima è costituita dalle reti neurali: esse sono un’astrazione delle reti neurali umane e come esse si attivano o meno a seconda degli input.
Le reti neurali prevedono sino a tre strati di neuroni mentre se sono presenti più strati si parlerà di deep leaning. In più se aggiungiamo una componente dinamica di apprendimento si ottiene un algoritmo di machine learning: le caratteristiche che contraddistinguono questi algoritmi sono l’abilità di apprendere automaticamente e migliorare con l’esperienza (dati) senza una definizione iniziale del proprio comportamento.
Quando un algoritmo è in grado di simulare comportamenti umani, come un bot di chat che aiuta un cliente in difficoltà su un sito di e-commerce, si entra nel campo dell’intelligenza artificiale. Quest’ultimo è suddiviso in tre categorie:
- Artificial Narrow Intelligence (ANI)
- Artificial General Intelligence (AGI)
- Artificial Super Intelligence (ASI)
Artificial Narrow Intelligence (ANI) è considerata una forma “debole” di AI poiché si riferisce a simulare il comportamento umano nel completamento di determinati task per i quali c’è stata una dedicata fase di apprendimento. Oggi in essa rientrano tutte le attuali applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Le Artificial General Intelligence (AGI) e Artificial Super Intelligence (ASI) sono definite forme “forti” e prevedono rispettivamente il raggiungimento e il superamento delle capacità umane. Ad oggi siamo ancora molto lontani da questo ambizioso traguardo!