“La tecnologia ci isola. I social network ci rendono stupidi. Le fake news sono sempre di più e non riusciamo a distinguerle. Invece di andare sulla Luna o su Marte potremmo usare questi soldi per cose più importanti.”
Quante volte abbiamo sentito tutto questo? Eppure, nel 1838, con l’invenzione della fotografia, un uomo era fermamente convinto che la tecnologia avrebbe messo fine alla discriminazione razziale.
L’uomo più fotografato del diciannovesimo secolo si chiama Frederick Douglass. È stato più fotografato di Abraham Lincoln. Il più fotografato di chiunque altro. Frederick Douglass era nero, era nato schiavo ed era scappato dal Maryland con dei documenti falsi. Scrisse un libro autobiografico per raccontare la sua vita e la sua fuga. La tecnologia con le sue stamperie e i suoi treni, la pubblicità e il marketing ne decretarono il successo e le critiche: “poteva mai essere vero? Un nero americano e schiavo che scrive così bene?”
I suoi soldi a chi appartenevano? Al suo padrone legittimo o a lui? Per sicurezza scappò in Europa e tornò in America solo dopo che fu legalmente libero dal suo padrone.
Era un fervente abolizionista, convinto dell’uguaglianza tra tutti gli uomini e le donne. Sostenitore del suffragio universale. La sua biografia lo riporta anche come politico, il primo candidato afroamericano alla carica di vice presidente degli Stati Uniti. Sopra ogni cosa, era un fine osservatore. Aveva capito che una nuova tecnologia poteva mettere fine a un pregiudizio. Era fermamente convinto che la fotografia potesse mettere fine alla discriminazione degli afroamericani negli stati schiavisti.
La tecnologia come progresso
Prima di allora, l’unico modo di rappresentare il volto e l’aspetto di un essere umano era la pittura. Come è vero che i volti di re e regine erano ingentiliti dal pittore di corte, è vero che gli schiavi erano dipinti come un incrocio tra un uomo e una scimmia. Labbra grandi e carnose, corpo muscoloso e sproporzionato, denti larghi e un sorriso ebete, il corpo nero come la pece, vestiti con capi da lavoro. In alternativa, degli orango vestiti da gentiluomini, come è accaduto alla famiglia Obama.
Il potere di una fotografia
Frederick Douglass aveva compreso che con la fotografia poteva mostrare al mondo intero che un uomo è sempre un uomo. Si fece così scattare una grandissima quantità di fotografie e le inviò ai quattro angoli del suo paese: la leggenda narra che in ogni casa ci fosse una bibbia e una foto di Frederick Douglass.
Nelle sue foto non sorrideva mai, era sempre vestito di tutto punto, con uno sguardo assorto. Tutto l’opposto delle caricature che, purtroppo, continuiamo a vedere.
Oggi può sembrare strano, ma Frederick Douglass sapeva che moltissimi americani non avevano mai visto un uomo afroamericano in vita loro: lui sarebbe stato il primo. Il potere della tecnologia risiede nel suo uso. Per lui, la fotografia non era la tecnologia del ricordo, ma della testimonianza.
Per un uomo nato schiavo, la tecnologia era il tramite per una battaglia che è ancora in corso. Un uomo di cui non conosciamo nemmeno l’anno esatto di nascita, probabilmente il 1817 o il 1818. Un uomo che apprese i rudimenti della scrittura e della lettura non sappiamo come, e che finì per diventare giornalista ed editore del primo giornale contro la schiavitù. Un uomo sicuro che l’unico motivo per giustificare la schiavitù fosse l’ignoranza.
La soluzione erano le scuole, ma per iniziare serviva una fotografia.
Percezioni e pregiudizi
Ai giorni nostri, con il conflitto in Ucraina, è diventato virale il sito «True Size Of». Queste sono le reali dimensioni della Russia comparata con l’Africa.
La percezione di qualcosa può essere influenzata da una semplice immagine, da una semplice fotografia.