Uno sguardo oltre il silicio

Uno sguardo oltre il silicio A look beyond silicon

Nel 1965 Gordon Moore, co-fondatore di Intel, teorizzò quella che poi divenne nota come Legge di Moore. Si tratta di un postulato empirico, la cui versione originale afferma che la complessità  dei microcircuiti raddoppia ogni 12 mesi. Nelle successive iterazioni il periodo viene allungato a 2 anni (alla fine degli anni Settanta) per poi assestarsi dall’inizio degli anni ottanta a 18 mesi.

Pur mantenendo la sua straordinaria valenza predittiva, la legge inizia a scricchiolare sotto il peso incipiente dei limiti della tecnologia attuale. Non é un segreto che la crescita teorizzata da Moore non potrà essere mantenuta ancora per molto. Il silicio oggi sembra non essere più una base solida su cui costruire i circuiti elettronici del futuro.

Per rispondere a questa esigenza, diversi ricercatori si sono dati parecchio da fare per trovare valide alternative anche in campi estremamente verticali. Di seguito qualche esempio.

Semiconduttori composti

Un semiconduttore è una sostanza che può condurre la corrente, ma solo parzialmente e sotto determinate condizioni. La sua conduttività è di fatto a metà strada tra un isolante come la gomma e un conduttore come il rame ma le sue proprietà possono però essere alterate attraverso l’introduzione di impurità nella sua struttura molecolare. Solo alcuni degli elementi della tavola periodica possono essere usati per creare un semiconduttore e il silicio è di gran lunga il più comune poichè è facilmente reperibile ed è di conseguenza molto diffuso a livello commerciale.

Come implica il suo nome, un semiconduttore composto è un semiconduttore che si ottiene combinando due o più elementi che contribuiscono alla formazione leghe binarie (due elementi), ternarie (tre) e quaternarie (quattro). Gli elementi comunemente usati per i semiconduttori composti includono tra gli altri il carburo di silicio (SiC) e il germanio di silicio (SiGe).

I cristalli di semiconduttori composti sono più difficili da generare rispetto al silicio e hanno quindi un costo di produzione più alto. Aggiungendo il fatto che tendono ad essere più fragili la loro presenza sul mercato e relativa crescita sono state molto limitate.

DNA Data storage

DNA storage è nei primi tre posti per quanto riguarda le tecnologie strategiche del 2021

Con il termine DNA computing and storage ci si riferisce ad una tecnologia embrionale che usa filamenti di DNA sintetico al posto del silicio per memorizzare dati. Il DNA é composto da una sequenza di nucleotidi identificati dalla lettera iniziale:

  • Adenosina (A)
  • Timidina (T)
  • Citidina (C)
  • Guanosina (G)

Con DNA Data Storage ci si riferisce alle procedure che consentono di codificare e decodificare dati binari in sequenze di DNA, associando i valori 00, 01, 10 e 11 rispettivamente ai nucleotidi A, T, C e G, sfruttando quindi le caratteristiche di elevata densità di conservazione di informazioni del DNA.

Le ipotetiche applicazioni sono svariate, si va dall’archiviazione dati “a freddo” (cold storage archiving) che non richiedono accesso immediato o frequente, fino all’uso nei data center di nuova generazione caratterizzati del basso consumo energetico rispetto alle soluzioni attuali. Il DNA data storage potrebbe rappresentare una seria e percorribile alternativa alle attuali tecnologie che manifestano evidenti limiti di scalabilità  e consumo energetico elevato.

Nonostante due prototipi di successo, la tecnologia é attualmente rudimentale e costosa, con significative barriere tecniche per l’uso tradizionale. Tuttavia, una simile rivoluzione per l’immagazzinamento dei dati potrebbe avere un impatto significativo in termini di capacità e durata dei supporti di memorizzazione.

Transistor a nanotubi di carbonio

Un’alternativa al silicio per la produzione dei circuiti integrati é rappresentata dai transistor a nanotubi di carbonio. I CNTFET (Carbon nanotube Field-effect Transistors) sono stati scoperti verso la metà  degli anni ’80 e sfruttano il carbonio invece che il silicio come componente primario tipico dei cosiddetti MOSFET (Metal-oxide-semiconductor Field-effect Transistor).

Sebbene le premesse siano ottime e le proprietà  dei nanotubi superiori al silicio, soprattutto per quanto riguarda la dissipazione del calore, il processo di costruzione dei transistor a nanotubi di carbonio é estremamente complesso e costoso. Per questi motivi, non si é mai riusciti ad andare oltre dei prototipi poco potenti. Sembra però che questa qualcosa stia cambiando infatti alcuni ricercatori del MIT sono riusciti a costruire dei transistor a nanotubi di carbonio utilizzando di fatto un processo analogo a quello usato per manipolare il silicio nei MOSFET. Questo apre scenari estremamente promettenti e interessanti sia per quanto riguarda la scalabilità  del processo sia per la sua affidabilità.

I ricercatori non si sono fermati a costruire dei semplici transistor ma si sono spinti oltre fino a creare un microprocessore con architettura RISC-V, creando persino un classico programma “Hello, world!” che scrive la stringa “Hello, World! I am RV16XNano, made from CNTs.” Il prof. Max M. Shulaker, co-autore della ricerca, ha affermato che si tratta dell’implementazione in assoluto più avanzata basata su nanotecnologie!

Sensori biodegradabili

Concludiamo questa rassegna con un veloce accenno ai sensori biodegradabili. Si tratta di fatto di una nuova applicazione di materiali biodegradabili già  ampiamente utilizzati in medicina e diagnostica come il PLA (acido polilattico) e il PLLA (acido poli-L-lattico). Lo scopo dei ricercatori é attualmente quello di rimpiazzare materiali non biodegradabili o composti da materiali potenzialmente tossici in sensori ad uso medicale.

L’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, per esempio, ha sviluppato un piccolo e sottile sensore elettronico in grado di monitorare la temperatura e la pressione all’interno del cranio a seguito di un intervento di chirurgia cerebrale, che potrebbe essere adattato per altri monitoraggi post-operatori. Il sensore é composto da fogli estremamente sottili di silicio dissolvibile , con dimensioni simili ad un chicco di riso. Sono progettati per funzionare per alcune settimane prima di dissolversi senza conseguenze nei fluidi corporei.

I ricercatori dell’ETH di Zurigo hanno sviluppato un sensore di temperatura ultrasottile fatto di materiali biodegradabili che si degradano in poco più di due mesi. Hanno racchiuso un filamento elettrico fatto di magnesio, biossido di silicio e nitruro in un polimero compatibile. Il magnesio fa parte della nostra alimentazione e viene quindi assorbito mentre il biossido di silicio e il nitruro sono biocompatibili e si dissolvono in acqua. Infine il polimero consiste di amido di mais e di patate ed é del tutto biodegradabile e quindi sicuro. Sensori di questo tipo potrebbero essere impiantati per esempio nel pesce, per monitorarne lo stato di conservazione.

Cosa ci aspetta quindi nel futuro prossimo?

E’ veramente difficile dire cosa ci aspetterà nel futuro prossimo. A livello globale si sta investendo tantissimo in ricerca con la consapevolezza che per ogni singola nuova tecnologia ci saranno molteplici applicazioni in svariati campi. Quindi armiamoci di pazienza e godiamoci lo spettacolo!